martedì 26 maggio 2020

Florence Nightingale: la sua vita - una grande avventura a cavallo fra due secoli

Iniziamo in questo post a pubblicare a puntate la storia della lunghissima vita di Florence Nightingale che tanto ha dato alle moderne cure infermieristiche .
Ricordiamo anche che il comune di Vercelli per commemorare il secondo centenario della sua nascita ha organizzato un concorso tra le scuole vercellesi. I dettagli nell'articolo, apparso su La Stampa qualche giorno fa che potete leggere qui sotto.

PARTE PRIMA: La nascita e la giovinezza.

Florence Nightingale è un personaggio storico forte, controverso e unico nel suo genere. È stata la prima donna a studiare e ad applicare i moderni principi dell’infermieristica alla cura dei malati e dei feriti ed è stata la prima ad applicare i principi della statistica alla cura dei malati. Inoltre, cosa non secondaria è stata una convinta femminista ante litteram.

Fanny e William Edward Nightingale (cognome originale Shore) si sposarono a Londra nel 1818. Entrambi appartenevano a famiglie dell’alta borghesia inglese, non nobili ma molto ricche. Il loro viaggio di nozze li porterà a visitare l’Europa e durerà due anni. È proprio nel corso di questo viaggio che verranno alla luce: il 19 aprile 1819 la primogenita, che verrà chiamata Parthenope; il 12 maggio 1820 la secondogenita, alla quale verrà imposto il nome di Florence. Fanny decise infatti di dare alle piccole i nomi delle città in cui nacquero, rispettivamente Napoli e Firenze.

L’Infanzia di Florence procede agiatamente fra giardini per i giochi, lussuose abitazioni, cavalli per le passeggiate e cani, gatti e uccellini da allevare. Malgrado ciò, la bambina non è felice e, crescendo, sviluppa un carattere ostinato e appassionato. A sei anni afferma di detestare la vita ricca e spensierata di “Lea Hurst”. Adora il padre; nella madre, invece, avverte una mancanza di comprensione e non sopporta il carattere superficiale della sorella maggiore. Scrive: “… mi struggevo per una qualsiasi occupazione regolare, per un compito degno di essere assolto, invece di sciupare il tempo in futili inezie”.

Fino alla vecchiaia, Florence, conserverà l’abitudine di annotare quelli che chiamerà: “appunti personali”, una sorta di diario di pensieri e sovente di sfoghi della sua vita interiore e dei suoi sentimenti. Li scriveva su qualsiasi cosa le capitasse sottomano: sul dorso dei calendari, o a margine delle lettere che poi conservava e archiviava in modo quasi maniacale.
Molte di queste annotazioni sono giunte fino a noi proprio grazie a questo aspetto del carattere che ha mantenuto intatto per tutta la sua lunga vita. In uno di questi appunti leggiamo: “… il 17 febbraio 1837 Dio mi ha parlato e mi ha chiamata al Suo servizio”.

Per dare forza alla loro cultura, le due sorelle Nightingale fecero un lungo viaggio in Europa. Di questo viaggio conserviamo importanti riscontri per la gran parte contenuti nelle lettere che Florence invia alla famiglia e per gli appunti che lei stessa conserva. L’8 settembre 1837 si imbarca a Southampton, attraversa la Francia e giunge a Nizza (allora appartenente al Regno di Sardegna) il 20 dicembre 1837. Il 13 gennaio 1838 arriva a Genova e vi resta fino al 14 febbraio. Visita la città, va all’opera e scrive: “… siamo state due volte all’Opera, e che Opera. Niente a Londra può rivaleggiare in magnificenza, perché tutto a Genova è magnificente”. Poi, la Liguria: Oneglia, San Remo, Chiavari, Bordighera, Mentone e le cave di marmo di Carrara. Il 24 febbraio è a Pisa e in una lettera dice che si è fermata tre giorni. Il 25 febbraio è a Firenze. Visita una scuola e la sua vecchia balia.
Prende lezioni di italiano e più tardi, nel 1898, scriverà in una lettera: “… ricordo i giorni in cui leggevo in italiano Tasso e Ariosto, e con mio padre facevo traduzioni dell’Alfieri… mio padre era un buon e sempre interessato studente di italiano e parlava la lingua meglio di un italiano, prendendosi cura di utilizzare i giusti verbi”.

Continua la sua passione per il bel canto, che la spinge a frequentare i maggiori teatri, dove annota spesso direttamente sui libretti la messa in scena, atto per atto. Vede la stessa opera più volte e paragona le varie recitazioni, annotando meticolosamente le arie, i cast e il giudizio sui singoli cantanti. Il 12 maggio 1838 è a Venezia e festeggia il suo 18° compleanno. Quindi si sposta a Bologna, a Milano, visita il Lago di Como e il Lago Maggiore. Ritorna a Genova nell’estate del 1838 e incontra gli esuli italiani della fallita insurrezione del 1821. Nelle lettere racconta le loro storie, sottolineando la ferocia repressiva del governo austriaco. E poi è a Fontainebleau, Parigi e Versailles.

Al rientro a Londra le due sorelle furono presentate a Corte. Florence piaceva in società. Amava ballare ed era circondata da molti cavalieri, tanto da non sapere come liberarsene. La madre era molto emozionata per questi suoi successi, che facevano ben sperare per un futuro buon matrimonio. Ma non era ciò che voleva Florence. Fu proprio durante una di queste uscite che incontrò Richard Monckton Milnes. Nei primi mesi del 1842 Milnes aveva 33 anni, Florence 22. Egli aveva una ottima posizione nella società inglese e londinese del tempo e aveva davanti a sé una brillante carriera politica. S’innamorò di Florence, che intanto aveva cominciato a prendere coscienza del mondo fuori dalla cortina dorata che la circondava.

Aveva visitato le casupole dei tessitori di un vicino villaggio e lì aveva visto le condizioni di vita delle classi sociali più basse, caratteristiche della rivoluzione industriale del XIX secolo: promiscuità, ubriachezza, malattie altamente invalidanti e sovente mortali fra stenti e infortuni. Cominciò a trascorrere una considerevole parte del suo tempo in questi tuguri, convincendo, non senza fatica, la madre ad acquistare medicine, lenzuola, abiti e cibo per i malati e gli indigenti.

 (Giulio Zella - OPI Vercelli)

(continua)

Il movimento ospedaliero a Vercelli, dalle origini ai giorni nostri

Nell’anno 2024 a Vercelli verranno ricordati gli 800 anni di ininterrotta attività dell’Ospedale di Sant’Andrea, chiamato poi Ospedale Maggiore.

L’ospedale Sant’Andrea di Vercelli è il più antico ospedale ancora funzionante dell’Italia settentrionale (ancora più antico della mitica “Ca’ Granda” di Milano), e uno dei più antichi dell’Italia intera.

Nell’arco della sua storia, l’ospedale ha svolto, oltre alle naturali funzioni di assistenza e cura, un fondamentale ruolo di sostegno finanziario e sociale per il territorio di Vercelli, elargendo in modo costante e prolungato aiuti economici in cambio di lavoro o beni.

Il tempo necessario per organizzare qualche manifestazione degna di tale commemorazione c’è, occorre però, fin da subito, programmare il da farsi e verificare se l’Amministrazione ed i vari Enti Culturali della città ne abbiano la volontà.

Bisogna però ben valutare che cosa ha rappresentato e che ruolo ha avuto l’Ospedale di Sant’Andrea nella vita sociale, culturale ed economica della città e quanto ha contribuito allo sviluppo e alla promozione di Vercelli fino a farla diventare uno dei centri più attivi del Piemonte medievale. 

Occorre realizzare qualcosa che non sia il solito convegno o la manifestazione “toccata e fuga”, ma che lasci una traccia concreta di ciò che realmente era ed è l’Ospedale di Sant’Andrea per la città di Vercelli.
Tutto ciò potrebbe essere l’occasione per studiare a fondo, in modo completo e omogeneo, il “movimento ospedaliero”, nato a Vercelli verso la fine del primo millennio, cresciuto e sviluppato nei primi secoli del secondo millennio, per poi confluire nell’Ospedale di Sant’Andrea.

A metà del XVI secolo, l’Ospedale di Sant’Andrea/Ospedale Maggiore era indipendente da qualsiasi vincolo, era amministrato dalla città e simbolo del suo sviluppo e della sua crescita. Ruolo che poi ha continuato a svolgere sino ai giorni nostri, rappresentando, con alterne vicende, un punto centrale e di riferimento della vita sociale ed economica di Vercelli e del suo territorio.

A questo proposito in occasione del recente Natale abbiamo, con l’aiuto di Consulta1219, fatto ristampare un volume fondamentale, oggi introvabile, per conoscere la Vercelli medievale: 
“L’OSPEDALE DI S. BRIGIDA O DEGLI SCOTI NELLA STORIA CIVILE ED ECCLESIASTICA DI VERCELLI MEDIOEVALE (SECOLI XII-XIV) scritto da Miriam Clelia Ferrai, 
prematuramente mancata nel 2009, e che fu edito dalla Società Storica vercellese nel 2001. 
Chi fosse interessato a maggiori informazioni contatti Consulta1219
(di Bianca e Giorgio Ferrari)

lunedì 25 maggio 2020

Votiamo La Grangia di Cavour come luogo del cuore FAI!!!!

Votiamo La Grangia di Cavour come luogo del cuore FAI!!!!

La Rete sta lanciando una campagna per far diventare la frangia di cavour LUOGO DEL CUORE FAI, ci associamo all'iniziativa e la sosteniamo convinti .
Ecco qui il testo del messaggio della Rete:

Cari amici,
in una piccola frazione abbandonata della Provincia di Vercelli si erge un monumento dimenticato e decadente che, di certo, dovrebbe essere tra quei luoghi ricordati da tutti gli italiani.

Si tratta della casa di Camillo Benso Conte di Cavour sita nella Grangia di Leri, che viene infatti storicamente denominata Leri Cavour, proprio in onore dell’importante proprietario di quei possedimenti ai tempi dell’unità d’Italia. La Grangia di Leri era stata acquistata nel 1822 dal padre di Cavour, Michele Benso, che poi nel 1835 passò la gestione al figlio che ne assunse formalmente l'amministrazione. Leri ha sempre occupato un ruolo centrale nella vita di Cavour; una sorta di rifugio alle fatiche di impegnato statista… Un rifugio fatto non solo di riflessione e di quiete, ma scelto da Cavour come sede di iniziative economiche e di importanti attività agronomiche. Molti gli ospiti illustri. Tra questi Giuseppe Verdi,Costantino Nigra,Sir James Hudson,il Re Vittorio Emanuele II°. E’ certo che in quella casa e in quei luoghi sono stati discussi e decisi i destini del nostro paese.

Visitare oggi la Grangia di Leri è un’esperienza terribile e toccante per qualunque cittadino che si senta almeno un po’ italiano…
Un’antica ed importante proprietà appartenuta ad uno dei principali artefici dell’unità del nostro paese, è da anni un rudere distrutto e decadente.

Possiamo fare qualche cosa noi cittadini?
Forse… votiamo LA GRANGIA DI LERI CAVOUR come luogo del cuore FAI 2020
Diamole la possibilità di accedere ai contributi per ristrutturazione destinati ai primi tre classificati, primo premio 50.000 euro.

Basta registrarsi e votare qui -> https://fondoambiente.it/luoghi/grangia-di-leri-cavour?ldc 
(oppure cliccate il pulsante in fondo all'articolo)

Dopo aver votato, condividete, segnalate e coinvolgete più amici possibile… Grazie a tutti per il supporto

La segreteria de LA RETE